Tendenzialmente la casa ove si è svolta la vita coniugale viene assegnata (a prescindere da chi ne sia proprietario) al coniuge affidatario dei figli. Oggi, nel caso di applicazione della legge n. 54/2006 sull'affidamento condiviso dei figli, la casa verrà assegnata al genitore col quale i figli manterranno la residenza. In sostanza, nella concretezza, nulla è cambiato.
L'art. 12 bis della L. 898/70 stabilisce che il coniuge nei cui confronti sia stata pronunziata sentenza di "divorzio" ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno di mantenimento divorzile, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro. Tale percentuale è pari nel massimo al 40% del TFR totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso col matrimonio.
La separazione personale dei coniugi non scioglie il vincolo del matrimonio (dopo la separazione potrebbe intervenire la riconciliazione, anche se è un evento abbastanza raro); tuttavia tra i coniugi separati viene meno l'obbligo della coabitazione e quello della fedeltà. Il dovere di assistenza assume carattere puramente economico, riducendosi alla corresponsione di un assegno di mantenimento. La separazione, inoltre, determina lo scioglimento della comunione legale dei beni, ove esistente.
Nel pronunziare la separazione giudiziale il Giudice può dichiarare, ove richiesto, a quale dei due coniugi sia addebitabile la separazione (va detto che spesso i coniugi tendono ad addebitarsela vicendevolmente, anche in assenza di validi motivi…..) L'addebito consiste in un giudizio di responsabilità che il Giudice esprime qualora ravvisi che la condotta di uno od entrambi i coniugi sia stata contraria ai doveri coniugali, come ad esempio l'omessa assistenza morale e materiale, ingiustificato rifiuto del conforto spirituale, ingiustificato abbandono del tetto coniugale, compimento di atti oppressivi ed intolleranti e l'infedeltà (ma solo, in linea di massima, se continua, manifesta ed offensiva, così da rendere intollerabile la convivenza). L'addebito comporta la perdita delle aspettative ereditarie, nonchè la perdita al diritto al mantenimento.
L'assegno di mantenimento è una prestazione pecuniaria periodica spettante al coniuge separato senza addebito, che non abbia un reddito tale da consentirgli di conservare il livello di vita goduto in costanza di matrimonio. Al coniuge a cui è stata addebitata la separazione non spetta l'assegno di mantenimento, può però essere nelle condizioni di ottenere un “assegno alimentare” (e cioè non volto al mantenimento del medesimo tenore di vita goduto durante il matrimonio, ma dovuto in caso il coniuge versi in stato di bisogno perchè totalmente privo di reddito o di capacità lavorativa). In caso di inadempienza, il Giudice può disporre il sequestro dei beni del coniuge obbligato o ordinare al datore di lavoro di quest'ultimo di versare parte della retribuzione direttamente al coniuge creditore. In caso vi siano comprovati motivi, successivi alla pronuncia, il Giudice può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti che obbligano il coniuge al versamento dell'assegno (previa richiesta di parte, naturalmente).
Lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili dello stesso può essere chiesta al Tribunale da uno dei due coniugi (o da entrambi in caso di ricorso congiunto) quando: 1) dopo la celebrazione del matrimonio l'altro è stato condannato ad una serie di reati. Oppure: 2) l'altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti di cui sopra, una volta accertata l'inidoneità alla continuazione della convivenza. Oppure: 3) è stata pronunciata sentenza di separazione, oppure omologato un accordo di separazione e che sia trascorso ininterrottamente almeno un anno senza che sia avvenuta una riconciliazione (è la fattispecie più ricorrente, come è facile intendere) in caso di separazione giudiziale,
ovvero almeno sei mesi in caso di separazione consensuale. Oppure: 4) l'altro coniuge, cittadino straniero, abbia ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio. Oppure: 5) Il matrimonio non è stato consumato. Oppure: 6) è passata in giudicato sentenza di ratificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982 n. 164, sul cambio di sesso.
Come forse noto ai più il decreto legge 12-9-14 n. 132 ha portato recentemente rilevanti cambiamenti, cambiamenti che, proprio perché recenti, appare difficile valutare nella loro portata. La ratio è quella di sgravare i Tribunali dal gran numero di cause giacenti e sopraggiungenti: in pratica sarà possibile, in molti casi di separazioni e divorzi (e anche per mutare precedenti condizioni di separazione o divorzio), il tutto, purchè, in forma consensuale, rivolgersi direttamente all’Ufficiale di Stato Civile (cioè presso gli uffici comunali), quindi “facendo a meno” del Tribunale, e talvolta anche dell’ Avvocato, per ottenere una Separazione, o una dichiarazione di Cessazione degli effetti civili del matrimonio. Farsi aiutare da un avvocato per stabilire le corrette condizioni di separazione e divorzio, anche per salvaguardare il coniuge debole, o futuri contenziosi nascenti da accordi poco ponderati, appare tuttavia consigliabile. In ogni caso è bene ricordare che ci si può rivolgere direttamente “al Comune” solo per procedure consensuali, e, secondo recente ulteriore riforma, anche in caso di coniugi con figli minori, o economicamente non autosufficienti, o portatori di seri handicap.
La legge per la COMPOSIZIONE DELLE CRISI DA SOVRAIDEBITAMENTO, varata dal Governo Monti, e ritoccata dal Governo Letta, ha introdotto per la prima volta in Italia un meccanismo di estinzione controllata in sede giudiziale di tutte le obbligazioni. La norma riguarda debitori non soggetti al fallimento (privati cittadini, piccoli imprenditori, professionisti), e consente di presentare un piano per il rientro del credito. E’ un istituto di utile applicazione per persone che, per i motivi più vari, si possano trovare schiacciati da pretese insostenibili da parte dello “Stato”, per motivi di mancato versamento tributi, iva, contributi accumulatesi negli anni, e aggravatesi da sanzioni di mora, di notifica, spese legali. In poche parole, con l’assistenza di un avvocato, ci si rivolge al tribunale, chiedendo di poter sanare l’intera situazione debitoria, versando una piccola percentuale sul totale dovuto.